Idrogeno per la mobilità

L’idrogeno è da alcuni di anni un promettente ed elusivo carburante per veicoli, alimentando auto a celle a combustibile e SUV senza mai risolvere problemi legati ai costi, alle efficienze e alla mancanza di stazioni di servizio adatte. Secondo il fondatore della startup dell’Arizona Nikola Motor il problema non è la tecnologia in se e sostiene che sono i grandi camion la scelta migliore su cui concentrare la tecnologia dell’idrogeno. L’idea di base è quella di rendere la rete di distribuzione, del gas in questione, la più grande del monto costruendo 700 nuove stazioni in tutta l’America. Trevor Milton, CEO di Nikola Motor, spinge la tecnologia ad idrogeno verso i camion perché è più facile impacchettare i serbatoi di idrogeno compresso su mezzi pesanti, i costi sono più facili da recuperare e il tempo di rifornimento come anche il campo di guida, sono paragonabili ai camion diesel, garantendo più di 500 miglia percorse (un minuto di ricarica fornisce 12 miglia di raggio). L’azienda ha già in programma 8 anni di produzione di veicoli pesanti già venduti, ma per iniziare la produzione ha anche bisogno di raccogliere fondi. Il successo di questa start-up andrebbe a vantaggio delle aziende che sono state bloccate in idrogeno da anni, migliorando la probabilità di ottenere il supporto del settore che Milton cerca.

Il trasporto è la prima causa di emissione di CO2 in atmosfera negli Stati Uniti, per cui molte comunità sono alla ricerca di alternative più ecologiche. L’azienda SARTRA, che gestisce 24 rotte a Nord-Est dell’Ohio, ha nella flotta sette autobus che montano fuel cell (FC) ad idrogeno in viaggio e altri cinque in arrivo; I bus emettono solo acqua e calore (acqua che secondo il CEO di SARTRA è così pulita che si può bere). Altri vantaggi di questi bus rispetto ai fratelli a diesel sono la sua silenziosità e la fluidità garantiti dal solo gas che scorre attraverso il bus. Le celle sfruttano il processo elettrolitico dell’acqua inverso, ovvero producono acqua ed elettricità da idrogeno e ossigeno. Mettendo a paragone un autobus diesel e un autobus a FC ad idrogeno su un arco di vita di 12 anni, in base al consumo richiesto, è possibile avere 1400 tonnellate di CO2 emessa in atmosfera in meno utilizzando le FC ad idrogeno.

Idrogeno è futuro

Il PtG (Power to Gas) è la nuova frontiera per la produzione di gas combustibili da accumulo, produzione che avviene a fronte di un consumo elettrico proveniente da fonti rinnovabili come il vento e il sole. Tra i combustibili che si possono produrre l’idrogeno è considerato il più promettente del settore, è prodotto scomponendo l’acqua in idrogeno e ossigeno grazie all’elettricità rinnovabile.

Essendo le fonti rinnovabili dipendenti dal meteo, sorge spontaneo chiedersi come posso mantenere bilanciata la rete elettrica; A ciò risponde l’idrogeno, che nella sua natura fossile (produzione che genera tonnellate di CO2) tramite celle a combustibile o turbine a gas, genera energia elettrica, per cui anche l’idrogeno “verde” può essere usato come il gemello di natura fossile per bilanciare la rete elettrica. Ma questo idrogeno rinnovabile potrà mai essere competitivo con quello prodotto da metano o carbone?

Secondo una ricerca condotta dagli economisti Gunther Glenk, dell’Università Tecnica di Monaco, e Stefan Reichelstein, della Stanford University, il PtG avrebbe già compiuto il primo passo verso la competività. Glenk sostiene che ad oggi ci sono tre tipi di fornitura di idrogeno fossile per vari usi, su piccola media e gande scala, con prezzi di vendita dai 4 ai 2,5 €/kg di idrogeno e calcolano che in Germania e in Texas si possa produrre idrogeno da eolico a prezzi simili. Considerando che il costo degli elettrolizzatori continuerà a scendere, ritengono che l’idrogeno da PtG diventerà competitivo intorno al 2027. Secondo i due ricercatori non c’è solo l’esigenza di produrre elettricità “verde”, ma anche quello di rendere verde l’industria, e l’idrogeno verde porta in quella direzione. Nel loro pensiero, il primo passo nell’introduzione del PtG sarà di costruire impianti per vendere idrogeno, poi se le condizioni economiche lo renderanno conveniente si potrà pensare di riconvertire l’idrogeno in elettricità.

In Belgio, i ricercatori della facoltà di bioingegneria dell’università KU Leuven hanno sviluppato un sistema fotovoltaico in grado di produrre H2 dall’umidità dell’aria. Il sistema riesce a produrre fino a 250 litri di idrogeno al giorno con un pannello di superficie pari a 1,6 m2.

I sistemi fotovoltaici tradizionali hanno rese intorno al 20%, utilizzarli per separare idrogeno e ossigeno dall’umidità significa disperdere una gran parte di energia raccolta. L’innovazione del team belga consiste nell’aver creato celle fotovoltaiche in grado di “convertire direttamente” il 15% della luce solare in idrogeno. L’idrogeno prodotto durante le stagioni calde verrà stoccato in un contenitore pressurizzato sotterraneo, pronto per essere utilizzato in inverno per produrre elettricità e calore, ogni impianto domestico avrebbe bisogno di un serbatoio di stoccaggio di massimo 4 m3.

Non vi sono stime e costi per una produzione in serie del prototipo, il professor Johan Martens precisa che per il prototipo sono stati utilizzati materiali grezzi (non metalli preziosi o componenti costose) e che l’obiettivo è quello di progettare un sistema sostenibile, affidabile e utilizzabile ovunque.

Un’altra modalità di produzione di idrogeno per il futuro può essere attraverso il plasmix (materiale plastico eterogeneo composto da imballaggi post consumo non riciclabili), grazie all’accordo tra Eni e Corepla saranno avviati progetti di ricerca in Italia, progetti che possano innescare un processo innovativo di economia circolare. L’idea è di produrre biocarburanti e idrogeno dal plasmix ma non è stato fornito alcun dettaglio tecnico su come ciò possa avvenire, non è la prima volta che il vettore energetico si scontra con il settore dei rifiuti polimerici. Nel 2018 alcuni scienziati della Swansea University hanno reso noto di aver testato su delle materie plastiche (PET, acido polilattico e poliuretano) il reforming solare, ovvero sfruttando sole, una soluzione alcalina e dei punti quantici in solfuro di Cadmio (nanostrutture di un semiconduttore) sono riusciti a trasformare gli scarti polimerici in gas idrogeno. Eni usa l’idrogeno per neutralizzare l’ossigeno degli oli vegetali, trasformare i trigliceridi (degli oli alimentari usati, grassi animali e altri scarti) in isoparaffine e paraffine e annullare la presenza di zolfo, azoto e poliaromatici nel biocarburante.

 

La prima struttura portuale ad idrogeno

A Valencia (Spagna) verrà installata la prima struttura portuale europea. In particolare si tratta di un trattore per la movimentazione di merci rotabili, alimentato da celle a idrogeno, e una stazione mobile di rifornimento di idrogeno che fornirà il carburante necessario per garantire i cicli di lavoro continui del trattore sopra citato.

Tutto questo è opera del progetto H2PORTS che ha come obbiettivo principale quello di fornire soluzioni efficienti in alternativa ai combustibili fossili per un’industria a zero emissioni.

La nuova struttura portuale sarà realizzata anche grazie all’adesione al progetto H2PORTS del gruppo Grimaldi e della consociata Valencia Terminal Europa (VTE).

Fonte: The Meditelegraph

Proposta di legge per la transizione energetica

Durante il convegno organizzato dalla Fondazione H2U e dal Vice presidente del Gruppo Misto del Senato, Maurizio Buccarella, con il patrocinio dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani, è stata presentata la proposta di Legge per la transizione energetica e idrogeno rinnovabile per l’Italia.

Attualmente si vendono 3-4 mila auto ad idrogeno l’anno, che equivalgono alla capacità produttiva attuale, ma in futuro si prevede che un colosso come Toyota arrivi a produrre 30 mila auto l’anno.

Secondo lo studio della Hydrogen Council, entro il 2030 avremo sul mercato 10-15 milioni di automobili e 500.000 camion che utilizzeranno l’idrogeno come fonte di energia. Entro il 2050 l’idrogeno potrà sopperire a circa un quinto dei consumi energetici, riducendo così di circa 6 gigatoni le emissioni annuali di CO2.

In Europa esistono già 150 distributori tra la Germania, Francia (Parigi), Inghilterra (Londra) e Scandinavia. In Italia l’unico distributore presente è a Bolzano.

Durante il convegno è stato anche presentato il Progetto Accadue Accadia. Questo progetto si pone l’obbiettivo di utilizzare il surplus dell’energia prodotta dalle pale eoliche per produrre idrogeno da utilizzare per fornire energia, combustibile e riscaldamento per l’Antico Borgo del Rione Fossi, in provincia di Foggia, attraverso idrogenodotti e fuel cell.

Fonte: La Stampa

Mobilità sostenibile

Le tecnologie green stanno avanzando spedite e lo dimostra la quantità di prototipi creati e pronti per essere lanciati sul mercato nei prossimi anni.

Nel 2021 sono attesi i primi due camion ad idrogeno della Nikola Motor Company. Sono Nikola One e Nikola Two, trazione elettrica e alimentazione ad idrogeno, autonomia di 1.200 – 2.000 Km. Questi camion, stando a quanto dichiarato dall’azienda, avranno anche minori costi di esercizio, in quanto richiederanno una minor manutenzione e avranno una maggiore efficienza, intorno al 66% (quindi un raddoppio della percorrenza a parità di energia utilizzata).

Il sistema elettrico è stato prodotto dalla Bosch eAxle insieme agli ingegneri della Nikola Motor. Ad alimentare il motore elettrico, invece, sarà presente un’enorme fuel cell.

 

Ben più imminente è l’arrivo della moto elettrica prodotta da Energica, la Ego Corsa: si prevede il suo debutto al motomondiale del prossimo anno. La batteria di questa moto da corsa sarà più capiente di quella della versione da strada (20 kW/h) e riuscirà ad accumulare il 50% in più di energia. La Ego Corsa sarà dotata di tecnologia ride by wire che in accelerazione permette di dosare la coppia erogata dal motore e in decelerazione di dosare la coppia rigenerativa sfruttando così il freno motore, ciò permetterà al veicolo di raggiungere i 270 km/h con accelerazione 0/100 km/h in 2.8 secondi.

 

Infine, in Germania sono state consegnate questo mese i primi modelli di Mercedes GLC F-CELL, Suv alimentato ad idrogeno e con batterie ricaricabili. L’auto ha consumi di idrogeno pari a 0,34 kg per 100 Km, per quel che riguarda la componente elettrica invece si parla di 13,7 kWh per 100 km. Ovviamente, zero emissioni di CO2. In Italia, invece, è entrata nel mercato la Classe E 300 de EQ Power, ibrida che unisce motorizzazioni elettriche e diesel e che usufruisce degli incentivi che promuovono una mobilità sostenibile.

Fonti: Nikola, i camion a emissioni zero , Eicma 2018: la moto elettrica made in Italy per il Mondiale di MotoE , Mercedes, al via consegne del Suv a idrogeno

Hydrogen Initiative – per un’Europa carbon free

Il 17 e 18 Settembre a Linz si è tenuto un vertice informale dei Ministri dell’Energia europei durante il quale la SNAM ha firmato, insieme ad altre aziende europee del settore, la Hydrogen Initiative.

Il documento ha lo scopo di favorire lo sviluppo dell’industria dell’idrogeno in Europa, con la conseguente decarbonizzazione.

Andiamo a valutare le opportunità delle tecnologie ad idrogeno.

L’idrogeno viene prodotto mediante elettrolisi a partire dall’acqua, l’ampia disponibilità dell’acqua e la sempre maggior efficienza ed economicità dell’elettrolisi, lo rendono un candidato ideale per la produzione di energia.

Oggi, abbinando un elettrolizzatore a delle celle a combustibile e accumulatori litio aria, è possibile ottenere un’efficienza energetica del 70%. Le celle a combustibile hanno inoltre un’efficienza energetica del 60%, rispetto al 20% dei motori a combustione interna.

L’idrogeno ha una densità energetica per Kg tripla rispetto alla benzina, ciò significa che, a parità di energia necessaria, la quantità di idrogeno da stoccare sarà tre volte inferiore, rendendo più agevole l’immagazzinamento industriale e, al contempo, lo rende un nuovo modello per la mobilità.

I “contro” ovviamente non mancano. Negli ultimi anni la riduzione del costo del gas naturale ha rallentato le ricerche sulle tecnologie ad idrogeno, inoltre i mezzi ad idrogeno, tutt’oggi, non sono molto diffusi ed hanno costi decisamente più elevati di quelli elettrici.

La speranza è che questa nuova collaborazione possa portare un’accelerazione alla ricerca e allo sviluppo di nuovi mezzi di trasporto alimentati ad idrogeno.

Fonte Snam scommettesull’idrogenoper un’europa carbon free

Sistemi di accumulo per l’idrogeno – parte 2

La scorsa settimana abbiamo iniziato ad analizzare i principali mezzi di accumulo di idrogeno ad oggi conosciuti, potete recuperare l’articolo qui

Continuiamo con l’analisi prendendo in esame ancora gli idruri e, di seguito, nanotecnologie, microsfere di cristallo e zeoliti.

Idruri chimici

Gli idruri chimici sono simili agli idruri metallici, la differenza è che l’idrogeno non è legato ad un metallo ma ad una molecola inorganica (azoto, biossido di carbonio, carbonio, borace).

In particolare è promettente il toluene, che addizionato di idrogeno forma il metilcicloesano. Entrambi sono composti conosciuti, facilmente trasportabili e sicuri.

L’utilizzo di miscele composte da metà sodio boroidruro (sale ottenuto addizionando idrogeno al borace) e acqua può essere utilizzata come carburante, fornendo energia in volume pari a quella della benzina. Dalla deidrogenazione del sodio boroidruro si ottiene il borace, sostanza non dannosa e riciclabile per produrre nuovo sodio boroidruro. I problemi di questa tecnica di accumulo sono: il costo del sodio boroidruro e messa a punto di un impianto per il riciclo del borace.

 

Nanotecnologie

I sistemi di accumulo forniti dalle nanotecnologie sono, ad oggi, ancora in fase sperimentale. Questi sistemi prevedono l’utilizzo nanotubi isolati di carbonio e nanofribre di graffite e si basano su principio che, a temperature criogeniche e pressioni moderate, il carbonio radioattivo assorbe l’idrogeno.

Questo metodo di accumulo potrebbe essere realizzati con costi particolarmente bassi, ma al momento la ricerca non è sufficientemente avanti da poter avere dei dati precisi.

 

Microsfere di cristallo

E’ possibile imprigionare l’idrogeno in microsfere di cristallo. Si tratta di sfere del diametro di 25-500 micron cave, queste vengono scaldate in un ambiente denso di idrogeno. L’idrogeno entra all’interno delle microsfere, la cui superficie risulta porosa per l’alta temperatura. Raffreddando le microsfere l’idrogeno rimane incapsulato al loro interno e sarà sufficiente riscaldare le sfere nuovamente per estrarlo.

E’ anche possibile rompere le sfere per liberare l’idrogeno contenuto, ma in questo caso non sarà possibile riutilizzarle.

 

Zeoliti

Gli zeoliti sono rocce “porose” a livello molecolare. E’ infatti possibile far penetrare al loro interno delle molecole di idrogeno, al posto degli ioni negativi presenti nei “pori”, e intrappolarlo reinserendo gli ioni nelle loro posizioni.

Gli zeoliti presenti in natura possono contente quantità esigue di idrogeno, circa il 2-3% in peso, è quindi necessario sviluppare zeoliti artificiali che possano contenere una maggiore quantità di idrogeno.

Sistemi di accumulo per l’idrogeno – parte 1

Il principale ostacolo per lo sviluppo di tecnologie basate sull’idrogeno è l’accumulo di quest’ultimo.

Negli ultimi mi anni sono state sviluppate diverse tecniche per accumulare l’idrogeno per utilizzarlo come fonte di energia pulita, alcune di queste sono state sperimentate su prototipi.

I sistemi di accumulo si basano fondamentalmente su tre metodiche:

  • Accumulo di idrogeno puro
  • Accumulo di idrogeno abbinato a idruri metallici
  • Accumulo di idrogeno abbinato a carbonio o biossido di carbonio

Esamineremo ora le principali forme di accumulo evidenziandone pro e contro.

Gas compresso

Lo stoccaggio di idrogeno compresso all’interno di serbatoi è il sistema più semplice e, al momento, quello più utilizzato. Il gas viene compresso a circa 20,7 MPa in serbatoi cilindrici o sferici, in questo caso la densità di energia in rapporto al volume è molto bassa, se comparata a quella della benzina. Il problema principale rimane però il grande volume richiesto.

Attualmente sono in sviluppo serbatoi in fibra di carbonio che possono essere eserciti fino a 700 bar, ciò permetterebbe di alimentare un’auto di media potenza con autonomia di 400-500 Km.

 

Idrogeno liquefatto

A differenza dell’accumulo di idrogeno sotto forma di gas, l’accumulo di idrogeno liquefatto richiede un volume minore, è necessario però portare il gas a -253°C e mantenerlo a tale temperatura con investimento di energia (circa il 30% dell’energia generata dall’idrogeno), e quindi di soldi, elevata.

Un altro problema legato a questo metodo di accumulo sono le perdite. L’idrogeno è immagazzinato a una temperatura vicina al suo punto di ebollizione, quindi il passaggio di calore attraverso il liquido provoca una parziale evaporazione. Il calore in questione si può generare dalla conversione delle molecole dalla configurazione orto a para, dalla conduzione, convezione e irraggiamento.

Per ovviare a tale problema si possono usare contenitori isolati termicamente o convertire le molecole da orto a para durante la liquefazione, per evitare che la conversione avvenga dopo lo stoccaggio.

 

Idruri metallici

L’accumulo di idrogeno legato a metalli risolve il problema dei grandi volumi di stoccaggio e delle perdite ma presenta quello del peso, anche 10 volte maggiore del peso dei carburanti attuali.

L’idrogenazione e la deidrogenazione dei metalli richiedono range di pressioni e temperature, e quindi costi, notevoli, questo rappresenta un altro ostacolo per questa forma di immagazzinamento dell’idrogeno.

Gli idruri di metallo sono, inoltre, leghe poco richieste sul mercato e quindi vengono prodotte in quantità limitate, la carenza di materiali aumenterebbe il loro costo e l’impossibilità di utilizzare il metodo di stoccaggio su larga scala.

Nel prossimo articolo analizzeremo altri sistemi di accumulo in sviluppo.