La scorsa settimana abbiamo iniziato ad analizzare i principali mezzi di accumulo di idrogeno ad oggi conosciuti, potete recuperare l’articolo qui
Continuiamo con l’analisi prendendo in esame ancora gli idruri e, di seguito, nanotecnologie, microsfere di cristallo e zeoliti.
Idruri chimici
Gli idruri chimici sono simili agli idruri metallici, la differenza è che l’idrogeno non è legato ad un metallo ma ad una molecola inorganica (azoto, biossido di carbonio, carbonio, borace).
In particolare è promettente il toluene, che addizionato di idrogeno forma il metilcicloesano. Entrambi sono composti conosciuti, facilmente trasportabili e sicuri.
L’utilizzo di miscele composte da metà sodio boroidruro (sale ottenuto addizionando idrogeno al borace) e acqua può essere utilizzata come carburante, fornendo energia in volume pari a quella della benzina. Dalla deidrogenazione del sodio boroidruro si ottiene il borace, sostanza non dannosa e riciclabile per produrre nuovo sodio boroidruro. I problemi di questa tecnica di accumulo sono: il costo del sodio boroidruro e messa a punto di un impianto per il riciclo del borace.
Nanotecnologie
I sistemi di accumulo forniti dalle nanotecnologie sono, ad oggi, ancora in fase sperimentale. Questi sistemi prevedono l’utilizzo nanotubi isolati di carbonio e nanofribre di graffite e si basano su principio che, a temperature criogeniche e pressioni moderate, il carbonio radioattivo assorbe l’idrogeno.
Questo metodo di accumulo potrebbe essere realizzati con costi particolarmente bassi, ma al momento la ricerca non è sufficientemente avanti da poter avere dei dati precisi.
Microsfere di cristallo
E’ possibile imprigionare l’idrogeno in microsfere di cristallo. Si tratta di sfere del diametro di 25-500 micron cave, queste vengono scaldate in un ambiente denso di idrogeno. L’idrogeno entra all’interno delle microsfere, la cui superficie risulta porosa per l’alta temperatura. Raffreddando le microsfere l’idrogeno rimane incapsulato al loro interno e sarà sufficiente riscaldare le sfere nuovamente per estrarlo.
E’ anche possibile rompere le sfere per liberare l’idrogeno contenuto, ma in questo caso non sarà possibile riutilizzarle.
Zeoliti
Gli zeoliti sono rocce “porose” a livello molecolare. E’ infatti possibile far penetrare al loro interno delle molecole di idrogeno, al posto degli ioni negativi presenti nei “pori”, e intrappolarlo reinserendo gli ioni nelle loro posizioni.
Gli zeoliti presenti in natura possono contente quantità esigue di idrogeno, circa il 2-3% in peso, è quindi necessario sviluppare zeoliti artificiali che possano contenere una maggiore quantità di idrogeno.